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Calzini in fuga

E’ giovedì 27 luglio e abbiamo ufficialmente iniziato a perdere il senso del tempo, potremmo essere in Tanzania da un mese, invece è solo giovedì ( o venerdì?). Siamo in Africa da soli 3 giorni (o forse 4?). Stamattina abbiamo fatto colazione di fretta e furia; il Tan Swiss offriva dell’ottimo espresso, e si sa, noi italiani non sappiamo sopravvivere senza il caffè!

Altri 250 km fino ad Iringa, attraversando il parco del Mikumi percorrendo la strada principale della Tanzania, una semplice carreggiata a doppio senso di marcia, fortunatamente asfaltata. Un sole tiepido riscalda i nostri visi pieni di sorpresa e di stupore nel vedere questi paesaggi: baobab e babbuini sul ciglio della strada. Mamma Africa sei tanto povera quanto meravigliosa e la tua natura ci lascia a bocca aperta! Superiamo villaggi, capanne, stalle di cammelli e mucche, volti, visi pieni di storia, moto sgangherate che trasportano qualunque genere di cose si possa immaginare; bimbi che sbucano sul ciglio della strada da dietro i cespugli, probabilmente è lì dietro la loro “casa”: perché è arduo chiamarle così, sono strutture piccole, a volte senza finestre, se tutto va bene in terracotta, altrimenti in legno, con le canne sovrapposte l’una sopra l’altra, nel bel mezzo di una landa di terra rossa. Fuori dei fili con vestiti appesi, qualche bici per i più agiati. Ad Iringa ci siamo fermati al Neema Craft, dove abbiamo comprato splendidi oggetti artigianali fatti a mano dai ragazzi portatori di handicap. Nello stesso edificio era presente anche il ristorante dove abbiamo pranzato: una grande sala nella quale predominava il colore rosso, tappezzata di sagome di animali e disegni con il linguaggio dei segni (l’unico modo per comunicare con i camerieri). All’esterno era presente una terrazza con tavoli e divanetti che rendeva il tutto paradisiaco. Dopo una piccola sosta, il nostro viaggio continua… Attraversiamo la savana e vediamo per la prima volta le gazzelle che ci fanno sentire sempre più vicine al safari in programma.

Sono le 18 e dopo aver preso un bello spavento con il pullman che sembra volerci abbandonare nel bel mezzo della savana, arriviamo da Padre Salvatore Ricceri, un sacerdote siciliano doc che gestisce una missione ad Idodi, nella quale vivono e collaborano le famiglie Masai. Proprio loro ci accolgono nei loro abiti tradizionali, intonando canti gutturali tipici dei loro costumi e, a poca distanza, le donne Masai avevano allestito bancarelle di oggetti artigianali tra cui collane, anelli, bracciali. Inutile dire che non abbiamo resistito! Dopo esserci sistemate nelle stanze, notiamo all’orizzonte il calar del sole, assomigliava ad una palla infuocata rossa che lentamente scendeva nascondendosi dietro gli alberi, fino a fondersi con il terreno. Alle 20 viene servita la cena e, con nostro stupore, ammiriamo quanto sia ricca e abbondante in pieno stile siciliano: parmigiana, “brociolone”, pasta con i broccoli (“sparacello”, come puntualizza la nostra cara siciliana Elena), patate, verdure, riso, carote, legumi e varietà di frutta fresca di stagione. Un’oasi per i nostri occhi e per i nostri palati!!! Venerdì. Sveglia all’alba: E’ il grande giorno. Oggi si parte per il safari. Dopo la colazione saliamo a bordo della jeep che ci condurrà nel Ruaha National Park, ad un’ora di distanza dalla missione di padre Ricceri. Iniziamo la nostra avventura: gazzelle, faraone, zebre, antilopi.. che animali stupendi! Le zebre sembrano dipinte a mano, sono dei veri e propri cavalli bianchi a strisce nere (o nere a strisce bianche?!) che “pascolano” in tranquillità nella steppa della savana. Poco dopo arrivano le giraffe, imponenti, con quel manto di diverse forme e sfumature di colori. Mansuete, eleganti, leggiadre, con le loro zampine veloci e sottili. Buffe! Seguono i bufali, rabbiosi e spaventosi sotto un albero dalla folta chioma. Poi, loro, le leonesse.. le regine della savana. Stese al sole sulla riva del fiume dopo una battuta di caccia. Si godevano la loro preda. Autoritarie, infondevano timore solo con il loro sguardo. Più in là gli ippopotami sdraiati e immersi in acqua con i loro sederono ingombranti a rosolare al sole. Coccodrilli, immobili, pietrificati, indistinguibili dalle rocce sulle quali erano stesi. Scimmiette e babbuini spelacchiati e scomposti. Infine gli elefanti. Enormi, statuari, una bellezza della natura..Da lontano! Il Ruaha Park è grande quanto la Lombardia, e chi in Italia conosce a memoria tutta la Lombardia? Il nostro autista, ad un certo punto, ha ben pensato di intraprendere nuove “strade” che strade non erano. Nella savana più aperta tra dossi, fossi, steppe, spine, insetti cercavamo di trovare la via principale, quando, all’improvviso, ci siamo ritrovati nel territorio di un branco di elefanti. E’ stato questione di un attimo, un elefante maschio ci ha puntato e ci ha tagliato quasi la strada mentre giravamo l’angolo: imbizzarrito, con le orecchie spalancate al vento e la proboscide dritta, si preparava a caricarci. Ce ne accorgiamo, urliamo ma la jeep si impantana in un fosso. E’ stato il panico!

L’elefante si avvicinava sempre di più, la jeep faceva fumo nero e le ruote giravano a vuoto. Cosa poteva esserci di peggio? E’ stato un attimo, padre Lawrence, in calzini di lana azzurri, balza fuori dalla jeep in preda al panico. Continuiamo ad urlare sempre più forte, adesso anche per lui. La jeep riparte, preoccupati per Lawrence, giriamo l’angolo e lui era lì, attonito e stordito dalla paura che quasi non risaliva in macchina, anzi a momenti lo investiamo perché ci taglia la strada. Finalmente riusciamo ad uscire dal territorio degli elefanti carichi di adrenalina per l’avventura vissuta. Si conclude la giornata al tramonto, tornati da padre Ricceri. Giorno 6, 29 luglio. Idodi IringaMbeya

Una giornata infinita, 450km di strada sterrata non asfaltata, 11 ore di pullman. I lavori per il rifacimento del manto stradale sono imponenti e la polvere è davvero tanta. Viaggiamo su strade sterrate parallele, tra enormi camion che attraversano il Paese. Ogni 2 per 3 ci fermano per controlli, poi una multa per le cinture di sicurezza non utilizzate Ci nutriamo con pollo e patatine fritte acquistate in una stazione di servizio….., le uniche soste sono state quelle per il bagno tra i vari cespugli africani curando a vicenda Irene, terrorizzata dai serpenti che non c’erano . Arriviamo al tramonto a Mbeya e ad accoglierci sono i monaci della guest house St. Benedict e, con nostro stupore, i 13°C della città.

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